Maggio inizia con due novità. La prima, riportata sui mezzi di informazione, che il PUN (prezzo unico nazionale), cioè il prezzo di riferimento dell’energia all’ingrosso acquistata sulla Borsa Elettrica il 1° maggio, in Italia è stato pari circa a zero per 7 ore. Va ricordato però che se il prezzo è andato vicino a zero, quell’energia non è stata gratis.
La seconda è la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del DL Bollette, che contiene alcune misure per affrontare il caro energia, ma non per l’industria.
Un tema difficile quello del caro energia, che affligge il sistema italiano da tempo. Alcune politiche sono state avviate. Ad esempio l’Energy Release 2.0.
Tuttavia, per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo del tessuto industriale italiano, è indispensabile assicurare condizioni di accesso all’energia e alla decarbonizzazione a costi competitivi, attraverso una visione di medio-lungo periodo. La formazione dei prezzi all’ingrosso, che risultano oggi tra i più alti d’Europa, lo esige. Nel solo anno 2024 il prezzo è stato pari in Italia a 108,52 €/MWh, in Germania a 78,51 €/MWh, in Francia a 58,02 €/MWh e in Spagna a 63,04 €/MWh. (Fonte dati GME). La differenza è stata superiore di oltre il 63% (108,52 €/MWh contro 66,52 €/MWh della media europea). (Fonte dati GME)
Perché ci troviamo in tale situazione? La risposta è che l’architettura di mercato non è più funzionale agli obiettivi di politica industriale del Paese e, a quelli ulteriori, di decarbonizzazione. Emblematico è il caso dell’energia idroelettrica, dalla quale proviene la metà della produzione rinnovabile italiana. Nonostante costi operativi bassi, questa energia viene venduta agli stessi prezzi dell’energia generata da centrali a gas naturale, i cui costi sono aumentati a seguito della crisi energetica e delle tasse ambientali ETS. Per effetto dell’architettura del mercato, si incassa la tassa ambientale dai consumatori senza doverla pagare. Si tratta di rendite che, negli ultimi anni, hanno superato i 3 miliardi di euro annui.
Anche il mercato del gas naturale presenta distorsioni rilevanti. Nonostante il 90% del gas utilizzato oggi in Italia provenga da fonti diverse dal Nord Europa, i costi di trasporto da quelle aree continuano a gravare sulla totalità del consumo nazionale. Il risultato? Un costo aggiuntivo per i consumatori stimato in oltre 1 miliardo di euro all’anno, di cui circa 170 milioni solo nel mese di aprile 2025. 2-3 euro MkW che diventano 4-5 in alcuni momenti. Un’altra pecca dell’architettura del mercato.
Il tema energetico è reso ancora più urgente in tempi di radicali cambiamenti geopolitici e di imposizione di dazi. E i dazi generalizzati al 10 % negli Usa sono già in vigore dal 5 aprile. Se fosse utile… potremmo tutti arruolarci nel rango dei pessimisti! Ma non è né utile né opportuno.